La metodologia GPR (Ground Penetrating Radar), attraverso l’utilizzo di onde elettromagnetiche, consente la definizione delle caratteristiche interne al mezzo indagato. In particolare è possibile identificare interfacce tra livelli dotati di differente resistività e costante dielettrica. Tali parametri sono in seguito correlabili a fattori fisici quali il grado di compattazione, la posizione e le caratteristiche di eventuali manufatti sepolti, la presenza di zone umide o di zone non cementate.
Un impulso elettromagnetico della durata di pochi nanosecondi, con frequenza compresa tra 10 e 2000 MHz viene inviato nel mezzo tramite un’antenna trasmittente, viene in parte riflesso dalle interfacce tra livelli in contrasto elettromagnetico ed in parte trasmesso nei livelli sottostanti.
La presenza nel sottosuolo di un vuoto o di un qualsiasi oggetto più o meno puntuale produce una caratteristica forma iperbolica visibile sulla sezione; l’anomalia iperbolica si verifica perché l’impulso trasmesso dall’antenna non si propaga nel terreno in maniera puntuale ma come un cono di radiazione, “illuminando” il target anche prima di trovarsi perpendicolarmente ad esso.
I segnali riflessi vengono captati in superficie tramite un’antenna ricevente; quest’ultima può essere la stessa utilizzata per la trasmissione (configurazione monostatica) o separata da questa di una certa distanza (configurazione bistatica).
La scelta della configurazione e della frequenza dell’antenna è funzione della profondità di indagine e del livello di dettaglio richiesto; ad una bassa frequenza corrisponde infatti una elevata penetrazione del segnale in profondità ma con uno scarso dettaglio delle anomalie riscontrabili mentre ad alte frequenze corrispondono elevati livelli risolutivi con scarsa penetrazione del segnale.