Il metodo della sismica a rifrazione è una delle indagini geofisiche più utilizzate per lo studio della parte più superficiale del sottosuolo, viene infatti usata per esplorare profondità non molto elevate, da qualche centinaio di metri fino a 1-2 km

Il metodo d’indagine consiste nel generare un'onda elastica attraverso una determinata sorgente di energia e registrare l’onda diretta e le onde rifratte dalle discontinuità presenti nel sottosuolo attraverso uno stendimento di ricevitori chiamati geofoni.

Le onde sismiche indotte nel sottosuolo danno origine ad una rifrazione ogni qualvolta incontrano un’interfaccia tra due mezzi caratterizzati da parametri fisico-elastici differenti e, quindi, da diversi valori di impedenza acustica. La condizione fondamentale per eseguire un indagine di sismica a rifrazione è quella per cui la velocità di propagazione delle onde sismiche negli strati da investigare sia crescente all’aumentare con la profondità. Solo in questo caso, per un angolo di incidenza limite, l’angolo di rifrazione è pari a 90 gradi e il raggio rifratto si troverà a viaggiare sull’interfaccia tra i due mezzi.

Utilizzando quindi le distanze  tra il  punto di scoppio  e quello di ricezione e i tempi  di  primo arrivo  dei  segnali  sismici, vengono  ricavate  le  dromocrone  (curve tempi-distanze),  dalle quali si risale,  tramite  opportune elaborazioni, alle velocità reali nei singoli strati, al loro spessore, profondità, forma  ed inclinazione.

 Fra le diverse fonti di energia impiegate nella sismica a rifrazione si possono citare gli esplosivi, le masse battenti e i gravi in caduta libera.